TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA (Sezione Prima) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 3480 del 2013, proposto da: Comune di Romagnano al Monte, in persona del Sindaco, ed Ecomodel S.r.l., rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Abbamonte, con domicilio eletto in Napoli, viale Gramsci n. 16; Contro Regione Campania, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Vittoria De Gennaro, con domicilio eletto presso l'Avvocatura regionale con sede in Napoli, via S. Lucia n. 81; Comune di Castelpoto, n. c.; Comune di Ponte, n. c.; Comune di Benevento, n. c.. Per l'annullamento della delibera di Giunta regionale della Campania n. 145 del 2013 di revoca della gara per l'istituzione del parco progetti regionali del settore turistico e di tutti gli atti connessi; nonche' per il risarcimento dei danni; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio 2014 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Premesso che: il Comune di Romagnano al Monte ha promosso ricorso straordinario al Capo dello Stato per l'annullamento di tutti gli atti (atto di approvazione del bando, avviso pubblico, delibera di G.R. n. 2095/07 di modifica delle condizioni di accesso al finanziamento, d.d. 770/2007 di approvazione dell'elenco dei progetti ammessi e di quelli esclusi, tra i quali ultimi quello di Romagnano) di una procedura di selezione avviata dalla Regione Campania per il finanziamento di interventi infrastrutturali di sostegno dell'offerta turistica rientranti nel Parco progetti e rivolta ai Comuni Campani a vocazione turistica; col bando in questione si stabiliva (cfr. delibera di G.R. n. 1832 del 23 novembre 2006 nonche' decreto dirigenziale n. 586 in pari data, pubblicato sul B.U.R.C. n. 55 del 29 novembre 2006) che «gli interventi da inserire nel parco progetti di cui sopra debbano presentare un livello di progettazione esecutiva, ovvero devono essere interventi per i quali sia stato adottato un provvedimento formale da cui risulti la volonta' espressa dell'amministrazione di attivare le procedure dell'appalto integrato ai sensi degli artt. 3, comma 7 e 53, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 163/2006»; il Comune di Romagnano al Monte, presente nell'elenco dei destinatari dell'avviso pubblico, il 28 dicembre 2006 aveva presentato una proposta per la "Realizzazione di un polo turistico ricettivo" approvata, col progetto preliminare, ed aveva stabilito che la procedura di affidamento dei lavori sarebbe stata quella prevista dagli artt. 3 e 70, 53 commi 2 e 3, e dal Titolo III decreto legislativo n. 163 del 2006, Al fine di ottenere i 10 punti di valutazione previsti dal bando per la «capacita' di innescare meccanismi di attrazione di capitale privato», aveva quindi organizzato la propria proposta come un progetto di finanza, quale unico strumento per conseguire la predetta finalita' attrattiva; scaduti i termini di presentazione dei progetti, la Giunta Regionale, con la deliberazione n. 2095 del 20 novembre 2007, nel ribadire che sarebbero stati «finanziati gli interventi del parco progetti per il turismo secondo l'ordine di graduatoria ai sensi della delibera n. 1832/2006 e fino alla concorrenza delle citate risorse», aveva altresi' previsto che «in relazione alle varie disposizioni normative di modifica del decreto legislativo n. 163/2006, si ritiene necessario che gli interventi aventi un livello di progettazione preliminare, utilmente collocati nella graduatoria formata ai sensi della succitata delibera n. 1832/206, potranno accedere al finanziamento previa approvazione del progetto definitivo e/o esecutivo entro il termine di 180 giorni dalla pubblicazione nel BURC della graduatoria medesima»; col decreto dirigenziale n. 770 del 31 dicembre 2007 (B.U.R.C. n. 5 del 4 febbraio 2008) veniva ribadita la predetta facolta' per i comuni ammessi e, contestualmente, venivano esclusi altri comuni, tra i quali Romagnano al Monte per le seguenti motivazioni: a) ...; b) ...; c) applicazione della procedura di cui all'art. 153, decreto legislativo n. 163 del 2006 non prevista dall'avviso; il d.P.R. del 28 novembre 2008, su conforme parere reso dal Consiglio di Stato, ha accolto il ricorso avverso l'esclusione del progetto presentato dal Comune di Romagnano al Monte, sul rilievo che erano state modificate «in corso di gara le condizioni della lex specialis della gara medesima, vale a dire le condizioni di ammissibilita' alla procedura, nonche' i criteri di partecipazione e di affidamento dei lavori». Tale modifica avrebbe dovuto causare la riapertura dei termini di partecipazione per tutti coloro che risultavano non collocati in graduatoria; e cio' ancorche' l'innovazione seguisse la modifica del riferimento normativo costituito dall'art. 53, del decreto legislativo n. 163 del 2006, in quanto «in base al principio fondamentale dell'affidamento che caratterizza la scelta del contraente con la pubblica amministrazione, e' dovere dall'Amministrazione che bandisce una gara, una volta che per jus superveniens nel corso della gara stessa siano venute meno le condizioni originariamente previste dalla lex specialis, agire in autotutela sui bando medesimo ed adattarlo - rinnovandolo - alle nuove disposizioni di rango primario, riaprendo conseguentemente i termini per la partecipazione alla procedura»; il Comune ricorrente ha proposto istanza volta all'adozione di provvedimenti per la definizione delle modalita' esecutive della sentenza n. 2618/2012, resa in sede di ottemperanza del decreto del Presidente della Repubblica emesso in data 28 novembre 2008 e rimasta non appellata, al fine dell'esecuzione, tenuto anche conto del passaggio in giudicato delle sentenze n. 202/2010, n. 8692/2010 e n. 3922/2011 emesse dalla III Sezione del T.A.R. Campania - Napoli, con le quali sono stati respinti i ricorsi proposti avverso il citato decreto del Presidente della Repubblica; con ordinanza n. 1179 del 2013 il Tribunale ha nominato, in qualita' di Commissario ad acta, il Prefetto di Napoli, con facolta' di delegare un funzionario dell'Ufficio; con delibera di G.R. n. 145 del 27 maggio 2013, pubblicata sul BURC del 17 giugno 2013, in supposta esecuzione del decreto del Presidente della Repubblica emesso in data 28 novembre 2008 e' stata annullata l'intera procedura di gara; la prima condizione ostativa e dirimente all'inclusione del progetto del Comune di Romagnano al Monte e' l'entrata in vigore dell'art. 1, comma 72, della legge regionale della Campania n. 5 del 6 maggio 2013, secondo cui "I progetti del Parco progetti regionale di cui alla delibera della Giunta regionale 1° agosto 2006, n. 1041, non possono in alcun modo prevedere il finanziamento mediante finanza di progetto. Gli atti eventualmente prodotti in violazione dell'avviso e di quanto sopra si considerano decaduti"; il Comune ricorrente ritiene la prescrizione normativa inapplicabile, poiche' il programma in questione sarebbe stato istituito con la diversa delibera di G.R. n. 1832 del 23 novembre 2006; il rilievo non e' convincente poiche' tale ultima delibera trae origine dalla precedente, la quale istituisce il Parco Progetti Regionale per il sostegno all'attuazione delle Politiche di Sviluppo della Regione Campania e della Politica di Coesione 2000/2006-2007/2013. Rilevato che: in punto di rilevanza, le considerazioni esposte in premessa evidenziano come l'atto di autotutela si basa innanzitutto sulla disposizione di legge regionale censurata, onde la delibazione non puo' prescindere dall'applicazione del testo normativo sospetto; in punto di non manifesta infondatezza, il Collegio e' dell'avviso che la normativa regionale censurata si ponga in palese contrasto con i principi enunciati dalla Corte costituzionale in materia di leggi-provvedimento. Al riguardo, giova premettere, in linea con la giurisprudenza costituzionale, che non e' preclusa alla legge ordinaria, e neppure alla legge regionale, la possibilita' di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati all'autorita' amministrativa, non sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto. Tuttavia, come ribadito da un orientamento consolidato della Corte costituzionale (cfr., fra le altre, sentenze n. 94 e 137 del 2009 e n. 267 del 2007), queste leggi sono ammissibili entro limiti non solo specifici, qual e' quello del rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione delle cause in corso, ma anche generali, e cioe' quello del rispetto del principio di ragionevolezza e non arbitrarieta' (sentenze n. 143 del 1989 n. 346 del 1991 e n. 492 del 1995). Preliminarmente il Collegio deve farsi carico della verifica dell'ascrivibilita' o meno della disposizione in esame alla categoria delle leggi-provvedimento. Nella giurisprudenza della Corte costituzionale sono state cosi' definite quelle che «contengono disposizioni dirette destinatari determinati» (sentenze n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997), ovvero «incidono su un numero determinato e limitato di destinatari» (sentenza n. 94 del 2009), che hanno «contenuto particolare e concreto» (sentenze n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007 e n. 2 del 1997), «anche in quanto ispirate da particolari esigenze» (sentenze n. 270 del 2010 e n. 429 del 2009), e che comportano l'attrazione alla sfera legislativa «della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all'autorita' amministrativa» (sentenze n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008). Il contenuto oggettivo della disposizione risponde, dunque, ai requisiti per la qualificazione dell'atto normativo come legge-provvedimento. Dal punto di visto soggettivo, infine, la platea dei destinatari e' determinata e limitata, considerato che - come anticipato - la disposizione si rivolge esclusivamente a quei soggetti che, al momento della sua entrata in vigore, avessero presentato il progetto di finanziamento nelle forme del project financing con l'amministrazione regionale. Ascritta la disposizione censurata alla categoria delle leggi-provvedimento, occorre valutare se essa rispetti i limiti tracciati dalla giurisprudenza costituzionale e, in primo luogo, quello della ragionevolezza e non arbitrarieta' (sentenze n. 85 del 2013, n. 143 del 1989, n. 346 del 1991 e n. 429 del 1995). Si deve premettere, al riguardo, che queste leggi devono soggiacere ad un rigoroso scrutinio di legittimita' costituzionale per il pericolo di disparita' di trattamento insito in previsioni di tipo particolare e derogatorio (sentenze n. 85 del 2013; in senso conforme sentenze n. 20 del 2012 e n. 2 del 1997), con l'ulteriore precisazione che «tale sindacato deve essere tanto piu' rigoroso quanto piu' marcata sia [...] la natura provvedimentale dell'atto legislativo sottoposto a controllo (sentenza n. 153 del 1997)» (sentenza n. 137 del 2009; in senso conforme sentenze n. 241 del 2008 e n. 267 del 2007). Al riguardo la Corte (vedi di recente sentenza 20 novembre 2013 n. 275) ha precisato che la legittimita' costituzionale delle leggi-provvedimento va valutata in relazione al loto specifico contenuto e che devono emergere i criteri che ispirano le scelte con esse realizzate, nonche' le relative modalita' di attuazione (sentenze n. 85 del 2013, n. 137 del 2009, n. 267, del 2007 e n. 492 del 1995), criteri e modalita' che e' sufficiente siano comunque desumibili dalla norma stessa in base agli ordinari strumenti ermeneutici (sentenze n. 85 del 2013 e n. 270 del 2010). In questa prospettiva, la norma-provvedimento impugnata sembra in palese in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione, nella misura in cui si limita a vietare l'utilizzo di una determinata forma di esecuzione delle opere pubbliche (il project financing) senza lascar trapelare le motivazioni alla base di tale scelta, che sembrerebbero convergere unicamente verso il superamento delle statuizioni giurisdizionali sulla specifico punto. Al riguardo vale considerare che la Corte costituzionale ha costantemente affermato che il divieto di retroattivita' della legge (art. 11, delle disposizioni sulla legge in generale), pur costituendo valore fondamentale di civilta' giuridica, non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25 Cost. (sentenze n. 15 del 2012, n. 236 del 2011, e n. 393 del 2006). Pertanto, il legislatore - nel rispetto di tale previsione - puo' emanare norme retroattive, anche di interpretazione autentica, purche' la retroattivita' trovi adeguata giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi imperativi di interesse generale», ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta', fondamentali (CEDU). La norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica, quindi, non puo' dirsi costituzionalmente illegittima qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata, un significato gia' in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario (ex plurimis sentenze n. 271 e n. 257 del 2011, n. 209 del 2010 e n. 24 del 2009). In tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di chiarire «situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo», in ragione di «un dibattito giurisprudenziale irrisolto» (sentenza n. 311 del 2009), o di «ristabilire un'interpretazione piu' aderente alla originaria volonta' del legislatore» (ancora sentenza n. 311 del 2009), a tutela della certezza del diritto e dell'eguaglianza dei cittadini, cioe' di principi di preminente interesse costituzionale. Accanto a tale caratteristica, questa Corte ha individuato una serie di limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civilta' giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentenza n. 209 del 2010, citata, punto 5.1, del Considerato in diritto). Vale appena soggiungere che i principi costituzionali in tema di disposizioni interpretative, cosi' come definiti dalla giurisprudenza della Corte in relazione alle leggi statali, sono estensibili di regola anche alle leggi con cui una regione interpreta autenticamente proprie normative precedenti (sentenze n. 389 del 1991; 19 del 1989; 113 del 1988). Cio' posto, si deve osservare che la norma censurata, con la sua efficacia retroattiva, oltre a ledere in primo luogo il canone generale della ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.), vulnera il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario. A tal riguardo, il Giudice delle leggi ha affamato che il legislatore vulnera le funzioni giurisdizionali: a) quando intervenga per annullare gli effetti del giudicato (sentenza n. 155 del 1990); b) quando la legge sia intenzionalmente diretta ad incidere su concrete fattispecie sub judice (sentenze n. 6 del 1994; 480 del 1992; 91 del 1988; 123 del 1987; 118 del 1957). La norma della regione Campania e' chiaramente volta ad incidere sull'esecuzione delle statuizioni giurisdizionali prima citate, le quali hanno stabilito che la forma del project financing e' perfettamente compatibile con gli scopi del progetto finanziato dalla Regione. Ne consegue irrimediabilmente la lesione della garanzia costituzionale in tema di principi di riserva della giurisdizione e di separazione dei poteri. Tali profili involgono il delicato problema se l'esistenza di sentenze passate in giudicato costituisca di per se un limite assoluto alle leggi interpretative che producano l'effetto di rescinderne l'efficacia, ancorche' tali leggi siano rivolte soltanto a chiarire la normativa sulla cui base quel giudicato si era formato. Tuttavia tale problematica puo' essere tralasciata in base all'assorbente rilievo che dal quadro normativo precedente i Giudici hanno ricavato de plano la regola dell'ammissibilita' del project financing, con conseguente inammissibilita' della legge di interpretazione in virtu' della inesistenza di un serio dilemma interpretativo. Sulla base di tali considerazioni gli atti del giudizio, devono essere rimessi alla Corte costituzionale. Riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale, alla quale va rimessa la soluzione dell'incidente di costituzionalita'.